Bilinguismo, web e nuove tecnologie: c’è molto da lavorare

1229939_344949732306005_672859926_nHa fatto molto scalpore l’iniziativa promossa dal gruppo Facebook “Modifichiamo in Sardo i topomini della Sardegna su Google Maps. Basta un click!” il cui fine si evince facilmente dal nome del gruppo medesimo. Tale L’iniziativa è poi stata scrupolosamente messa in pratica da alcuni utenti isolani che sono riusciti effettivamente a modificare i nomi dei comuni della Sardegna in lingua sarda su Google Maps, e hanno velocemente catturato l’attenzione dei media. C’è stato infatti un trionfo di articoli su Wired, La Nuova, Il Corriere.it e tanti altri che hanno cercato di approfondire l’argomento non senza metterci su però un pizzico di superficialità e disinformazione, scatenando di conseguenza numerose polemiche.

Ma facciamo un po’ di ordine e cerchiamo di capire cosa è successo veramente. Alcuni mesi fa il colosso del web, Google, ha lanciato anche in Italia lo strumento Google Map Maker, un software che in sintesi consente agli utenti di integrare le informazioni presenti in Google Maps con le proprie conoscenze sul territorio, quindi aggiungendo edifici, strade toponimi ecc e che ufficialmente  ha lo scopo di “rendere le mappe ancora più accurate e fedeli rispetto alla realtà che ci circonda”.

Ma la realtà è ben diversa di come Google l’ha presentata, il vero scopo è a mio avviso quello di cercare di adottare alcune prassi del modello organizzativo di raccolta, sviluppo e implementazione delle informazioni tipico di alcuni progetti Open Source collaborativi come Wikipedia, modello che è fortemente decentralizzato e si basa essenzialmente sui contributi degli utenti.

Nel mondo delle mappe il leader indiscusso di questo tipo di approccio è sicuramente il progetto OpenStreetMap la cui ricchezza, completezza e dettaglio di informazioni stanno iniziando a preoccupare seriamente la multinazionale americana.

Google, a quanto pare, teme che il suo famosissimo (e remunerativo) servizio di mappe online Google Maps possa in futuro soccombere a OpenStreetMap così come l’Enciclopedia Britannica (e tutte le altre enciclopedie tradizionali) ha ceduto il passo nei confronti di Wikipedia.

Per non essere presi in contropiede a Mountain View hanno quindi deciso di rilasciare lo stumento Google Map Maker che si ispira palesemente a quel modello di sviluppo, con la sostanziale differenza che i contributi inseriti dagli utenti vengono risucchiati in una licenza chiusa dove l’azienda si riserva tutti i diritti su tali informazioni.

Dai termini di utilizzo di Google Map Maker leggiamo infatti:

“Pubblicando i Contributi dell’Utente sul Servizio, l’Utente concede a Google una licenza perpetua, irrevocabile, per tutto il mondo, gratuita e non esclusiva, a riprodurre, adattare, modificare, tradurre, pubblicare, rappresentare pubblicamente, visualizzare pubblicamente, distribuire e creare opere derivate da, i Contributi dell’Utente.”

e ancora

“Google si riserva il diritto di rimuovere i contenuti e i Contributi dell’Utente senza alcuna preventiva comunicazione.”

Come possono notare anche i non addetti ai lavori si tratta di una licenza blindatissima che mal si presta ad una piattaforma di collaborazione aperta, dove anche i risultati di questo lavoro devono essere disponibili attraverso una licenza aperta, in modo che essi possano essere riutilizzati dall’utente.

Una fregatura insomma ma c’è stato comunque qualcuno che ha abboccato: torniamo quindi alla iniziativa bilinguista portata avanti del gruppo facebook.

Personalmente ritengo che il fine, quello di riportare i nomi dei toponimi nella lingua originale, sia degno di considerazione e va fatto un plauso al tentativo di evidenziare queste tematiche servendosi delle nuove tecnologie. Purtroppo le modalità attraverso le quali è stata portata avanti e pubblicizzata tale iniziativa mostrano tutta l’ingenuità e la testardaggine che caratterizza il rapporto che spesso abbiamo noi sardi verso “il nuovo” e realtà più grosse e “sgamate”.

Anzitutto penso che nessuno degli utenti che ha contribuito a tale progetto abbia letto i termini di licenza attraverso i quali è stato rilasciato lo strumento di Google e che hanno per forza di cose sottoscritto, oppure, nella migliore delle ipotesi, tale licenza è stata semplicemente ignorata.

Come abbiamo visto, anche a seguito di una lettura veloce e superficiale, appare  chiaro che Google detiene tutti i diritti di utilizzo di quelle informazioni seppur inserite (liberamente e gratuitamente) dagli utenti, i quali saranno inoltre impossibilitati a riutilizzarle in qualunque modalità che non sia a previamente consentita da Google: in pratica si lavora da veri e propri schiavi per una multinazionale.

Inoltre secondo la licenza Google ha il diritto di rimuovere i contributi quando e come vuole. Ed evidentemente l’iniziativa dei toponimi in sardo non è piaciuta tantissimo al colosso di Mountain View visto che dopo poche settimane tutti i toponimi sono tornati nella versione italiana e tutto il duro lavoro dei nostri amici amanti della lingua sarda e della Sardegna è andato perduto come lacrime nella pioggia. Alcuni a tal proposito hanno parlato apertamente di censura, però a mio avviso bisognerebbe essere intellettualmente più onesti e ammettere che non vi è stata alcuna censura e che Google ha semplicemente agito secondo i termini della licenza che gli utenti hanno sottoscritto, e secondo le logiche di mercato che qualunque azienda di un certo livello di fatto ha l’obbligo di seguire.

Un altro punto che mi preme sottolineare è la questione dello sbandierato orgoglio del popolo sardo che ha animato l’iniziativa del ripristino dei toponimi. Sinceramente mi chiedo: quale orgoglio può avere un popolo se delega ad una azienda privata il compito di rappresentare la propria lingua, i nomi dei propri luoghi nella loro lingua natia? Non è meglio essere davvero orgogliosi e portare avanti una iniziativa simile direttamente contando sulle  proprie forze o attraverso organi sui quali si è sovrani?

Qualcuno obietterà che le istituzioni latitano, e questo è certamente vero. Ma esistono tanti strumenti alternativi attraverso i quali è possibile operare un cambiamento potendo contare su l’appoggio di intere comunità dove ogni singolo sforzo è perfettamente integrato in una miriade di contributi collettivi, insomma i progetti Open e collaborativi di cui parlavo prima e una bella idea per dare una mano alla Sardegna sarebbe appunto quella di iniziare a contribuire al progetto OpenStreetMap (per gli amici OSM).

La licenza OSM recita:

“Sei libero di copiare, distribuire, trasmettere e adattare i nostri dati, finché lo attribuisci a OpenStreetMap e ai suoi contributori. Se alteri o ti basi sui nostri dati, puoi distribuire il risultato solo sotto la stessa licenza”.

Come si può notare i termini sono completamente diversi da quelli della licenza di Google che ho citato prima: in questo caso dati e le informazioni inserite dagli utenti appartengono agli stessi utenti!

Il progetto OSM In pratica ha lo scopo di costruire una mappa dell’intero pianeta che non appartenga a nessuna multinazionale, a nessun governo ma che sia, di fatto patrimonio dell’intera umanità.

Per spiegare meglio il concetto ecco qui un video Maurizio Napolitano ci spiega molto efficacemente in 4 minuti cosa è OpenStreetMap.

A questo punto molti di voi penseranno  “ok ho capito che inserendo informazioni su OSM faccio una cosa buona, i miei diritti vengono tutelati ecc.. ma cosa c’entra con i toponimi in sardo?

In OSM come in Wikipedia è possibile inserire un toponimo in qualunque lingua del mondo, ogni toponimo è presentato in più lingue. Attualmente la comunità di OpenStreetMap sta discutendo se sia il caso di mettere anche il nome ufficiale bilingue come si può osservare in questa discussione.

Comunque sia la modifica delle informazioni presenti in OSM è libera e non occorre alcun permesso, alcuna per modificare. Certo che per modifiche importanti è sempre meglio confrontarsi prima con la comunità degli utenti ma non è la prassi obbligatoria.

OSM in sardu

Concludendo, il mio consiglio per chiunque voglia promuovere nella rete iniziative che abbiano un risalto sociale è quello di utilizzare tecnologie Open e, a prescindere, leggersi sempre le licenze che si sottoscrivono.

P.S.

Rileggendo il post mi rendo conto che questo è in realtà solo un inizio, il primo punto di un ragionamento su quale peso e importanza la lingua e la cultura sarda debbano avere nella rete, e quale hanno effettivamente . La situazione sotto questo punto di vista è disastrosa, nonostante il digital divide nell’Isola non costituisca un dato allarmante rispetto al resto d’Italia,  succede invece che chi si occupa di cultura sarda ignori quasi totalmente le potenzialità e un corretto uso del web,  viceversa chi si occupa di tecnologia non mostra il minimo interesse per questo tipo di istanze. Rifacendomi agli esempi di prima: la versione di Wikipedia in Sardo è praticamente inesistente (a differenza di quel che accade per le altre lingue minoritarie), e i contributi di OpenStreetMap nel territorio sardo sono tra i più bassi in Italia.

C’è molto da discutere e da lavorare e chiunque sia disposto a farlo avrà il nostro appoggio.

4 pensieri su “Bilinguismo, web e nuove tecnologie: c’è molto da lavorare

  1. Per evitare che arrivi gente insperta su OSM che inizi a modificare a cavolo i toponimi italiani, dovresti indicare la pagina Wiki in cui sono indicate le modalità di inserimento dei toponimi in lingua sarda e mostrare un esempio concreto. Grazie

    • grazie del suggerimento. non son voluto scendere nei particolari perché questo è un post di sensibilizzazione che vuole evidenziare un problema e per me è giusto che sia facilmente leggibile anche da chi osm non la conosce proprio, senza quindi perdersi in troppi tecnicismi. Insomma l’importante per me era evidenziare cattive prassi e promuovere la piattaforma libera

  2. analisi corretta, ma mi permetto di aggiungere che l’operazione bilinguismo non osteggiata, ma anzi incoraggiata anche a livello ufficiale, da inspire sino alle nuove regole per la creazione dei dbtopografici.
    come in tutte le cose però bisognerebbe usare un po’ di giudizio. converrai con me che attribuire ad alghero il nome in sardo s’alighera e non l’alguer in catalano sia un’operazione assolutamente da evitare.

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